sabato 20 giugno 2009

Opinioni e commenti: Franco Scalzone

Franco Scalzone, uno dei pionieri del dialogo tra neuroscienze e psicoanalisi in Italia, ci ha scritto:

Caro Silvio,

ho terminato il tuo libro. Mi sembra molto accurato, ricco di informazioni, di congetture, di argomentazioni ecc. e ‘completo’, per come può essere completo un libro su un work in progress. Certo utilissimo per chi voglia sapere ‘lo stato dell’arte’. Avrei utilizzato meno citazioni... ma questa è optional.

Parlo spesso di questi problemi con un mio amico lacaniano del tutto ‘ostile’ al dialogo perché dice che la psicoanalisi si interessa solo di ciò che è rintracciabile nel linguaggio e con il linguaggio, tanto che mi ha chiesto il permesso di citare il mio lavoro su l’IJP, al Congresso dei Forum lacaniani, ma di criticarlo ... anche le sue argomentazioni non mi soddisfano ... sebbene le comprenda ... vedremo.

Però, come sempre, alla fine tutta la letteratura sull’argomento del dialogo tra psicoanalisi e neuroscienze mi lascia con un senso di ‘incompletezza’ ... il che è ovvio. Credo che questa sensazione sia dovuta al fatto che di fronte al “misterioso salto” – o ai ‘misteriosi salti’ dalla mente al corpo - e viceversa, restiamo ancora attoniti e impotenti. A tal proposto mi è sempre piaciuto la citazione dai i due autori cileni: “I neuroni sono le unità anatomiche del sistema nervoso, ma non sono gli elementi strutturali del suo funzionamento. Gli elementi strutturali del sistema nervoso funzionante non sono ancora stati definiti, e probabilmente sarà evidente quando saranno definiti che devono essere espressi in termini di invarianti di attività relative tra neuroni, in qualche modo materializzati in invarianti di relazioni di interconnessioni, e non in termini di separate unità anatomiche.” (Maturana e Varela 1980, pp. 97-98).

Continuo a pensare, per ora, che ciò che può aiutare il dialogo sia lo studio delle ‘strutture intermedie virtuali’ poste tra il corpo e la mente ... forse! E se mi chiedi cosa intendo per ‘strutture virtuali’... ovviamente questo è un punto delicato perché non è un concetto che ho molto ‘rifinito’, comunque provo ad esprimerlo procedendo con esempi più che con definizioni.
Una prima struttura virtuale - che poi queste strutture sono molto simili a strutture concettuali – è ad esempio l’apparato del linguaggio (in L’interpretazione delle afasie), lo schema della sessualità della Minuta G, gli schemi dell’apparato psichico del cap. 7 de L’interpretazione dei sogni ... e poi ovviamente i componenti della I e della II Topica (Inc, Prec e P-C, l’Es l’Io e il Super-io, il Sé etc.) e così via.
Sul versante neurofisiologico considererei i processi di autorganizzazione che ordinano i neuroni in gruppi neuronali, repertori, mappe, centri e livelli: strutture con un valore funzionale di tipo distribuito piuttosto che anatomico di tipo localistico, organizzate anch’esse secondo varie modalità. Persino i neurotrasmettitori possono essere considerati strutture se pensiamo alla loro funzione nel dominio del loro operare con un insieme di relazioni tra elementi.
Non è importante, in ogni caso, il nome di queste strutture quanto il fatto che esse possano fornire un modello concettuale per spiegare i fatti osservati, nel nostro caso, ad esempio, dei fatti clinici, il quale permetta di rappresentare il funzionamento di un sistema (mente-corpo) mediante le modalità (e le regole) secondo cui le parti o i singoli elementi, tra loro interconnessi, si comportano.

Capisco che forse la risposta può non essere esauriente ma ... per ora non so fare di meglio.

Con stima.

Franco Scalzone

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